Sul set de Il Canto della Rivolta a Berlino: l’esperienza di una comparsa

EXCLUSIVE: Jennifer Lawrence wears a blue cloak on the set of "The Hunger Games: Mockingjay" in Paris

Le riprese di Hunger Games: Il Canto della Rivolta sono finite da poche settimane, ma la nostra voglia di notizie non si è esaurita. Le nostre amiche di MockingJay – Il Canto della Rivolta hanno pubblicato un racconto inedito ed esclusivo dal dietro le quinte del film, l’esperienza sul set di Peter, comparsa del Distretto 13.

Ecco di seguito il suo interessante resoconto:

Ci siamo. È passata più di una settimana da quel fatidico (per me, almeno) 19 giugno. Due mesi e più di attesa. E viaggi. E dubbi, paura di sprecare tempo, giorni di ferie e denaro per poi magari avere in cambio nulla.
E mi tenevo tutto dentro, non ne parlavo neppure con i miei amici più cari, non per paura che cercassero di farmi cambiare idea… sono molto rispettosi, e per questo mi ritengo fortunato (e comunque ormai li ho abituati a queste mie “folli idee”).

Ruberò le parole dell’imperatore Marco Aurelio nel film Il Gladiatore per farvi capire quello che sentivo in quei giorni:

“C’è stato un sogno una volta che era (Roma nel film, per me era Berlino); lo si poteva soltanto sussurrare: ogni cosa più forte di un sospiro l’avrebbe fatto svanire. Era così fragile”.

Adoro i romanzi della saga di The Hunger Games. Mi dispiace per i vari altri fandom di romanzi contemporanei, ma per me non c’è Harry Potter, Twilight (ero, e per certi versi mi sento ancora, un Twilighter, se togliamo quella schifezza immane che sono i film Breaking Dawn – Parte 1 e 2), Percy Jackson etc. Dicevo non c’è niente che regga il confronto di quanto mi ha “catturato” la lettura dei tre CAPOLAVORI (SOLO in lingua originale, ma qui aprirei un altro discorso che qui non c’entra) di Suzanne Collins, Dio la benedica sempre.

Mockingjay-Part-1-logo

E poi i film. Si. Anche qui devo ringraziare Dio o comunque vogliate chiamare quella forza che guida l’universo. Per la prima volta in romanzi YA non viene stravolta la storia per mettere in primo piano triangoli amorosi, sguardi languidi di bellissimi ragazzi e ragazze, addominali pompati per ottenere gli urletti fastidiosi non apprezzati da chi come me crede veramente che il cinema sia la settima arte e ha piacere per due ore di farsi trascinare da una buona regia e da memorabili prove d’attore in un’avventura che mi regala quello che era, è, e sempre sarà il vero risultato di un film: EMOZIONARE.

Un’emozione come le lacrime che sentivo uscire dai miei occhi quando in marzo del 2012 ero a Londra alla premiere europea di The Hunger Games e per la prima volta mi ritrovai davanti Jennifer, Josh e Liam… ma soprattutto, poche ore dopo, sul grande schermo dell’O2 arena vedevo camminare nei boschi la MIA (nostra 😉 ) Katniss, vera, perfetta, il libro che amavo tanto aveva preso vita.

Grazie alla Lionsgate, a Nina Jacobson, a Gary Ross (allora) e a Francis Lawrence adesso, che addirittura ha fatto ancora meglio con Catching Fire, nel realizzare la migliore delle trasposizioni possibili. E grazie a un cast che per me è assolutamente PERFETTO (non vedo l’ora di vedere e sentire recitare Julianne Moore).

plutarch-coin-mockingjay

Dopo questa premessa, importante per farvi capire quanto tengo a tutto questo, arriviamo a Berlino e a quel fatidico 19 giugno, in cui ho fatto la comparsa in alcune scene di Mockingjay – Parte 1, per la precisione.

Ancora oggi quando penso a questa cosa, sospiro. Chi come me ha fatto la comparsa in New Moon (e ha a cuore la saga di Twilight) in quel di Montepulciano, si ricorda che bellissima esperienza sia stata: essere a fianco degli attori, vivere e capire come funziona un set cinematografico, vedere le scene del proprio romanzo preferito prendere vita e “farne parte”.

Come dicevo all’inizio, per questo ho fatto molta più fatica: tre viaggi avanti e indietro a Berlino, per il casting, per la prova costume e per il giorno delle riprese. Sicuramente non l’ho fatto per quello che potevano pagarmi come comparsa, se avessi ragionato in quei termini non sarei andato neppure la prima volta per il casting.
Ma volevo essere lì, a tutti i costi, per sentire di nuovo parole come: “Movimento… Azione!” (“Background action… Action!”, in questo caso) questa volta però nel mondo dei miei adorati Hunger Games.

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Delle tante e-mail dell’agenzia di casting tedesca a cui si era appoggiata la Lionsgate, in cui si chiedeva disponibilità per questo o quell’altro giorno di riprese, io ovviamente sempre rispondevo massima disponibilità… e più passavano i giorni, più vedevo nei siti dei fan e su Facebook scatti delle giornate di riprese del combattimento al Distretto 2 fatte all’aeroporto di Tempelhof (ci sono stato, non potevano scegliere luogo già “esistente” migliore di quello – dona un tocco di german-nazista al Distretto 2, nido di tutti i futuri Peacekeeper di Panem).

Ormai mancava poco al termine delle riprese e un pensiero che avevo sempre tenuto lontano si affacciava alla mia mente: vedrai che non mi chiamano, probabilmente perché non sono originario o residente in Germania.

Invece eccola lì, all’inizio di giugno, la richiesta (rigorosamente in TEDESCO di cui non spiaccico una parola se non Ja, Nain, Bier, Kartofen e poco altro) di disponibilità di recitare come comparsa “civile” il giorno 19 e di presentarmi la settimana prima per la prova costume. La mia conferma, grazie all’ormai inseparabile Google Traduttore, è ovvia e immediata.

babelsberg-studi-cinematografici

Pochi giorni dopo eccomi di nuovo in Germania, per la precisione agli studi Babelsberg di Potsdam, in periferia di Berlino, a provare il mio grigissimo e al contempo, meraviglioso, completo da Cittadino del Distretto 13 (evvai!!), farmi fare un taglio di capelli stile SS e cominciare a vedere altre comparse calarsi nelle divise bianche dei Peacekeeper (ancora non ci credevo, il sogno si stava realizzando). Ma non era ancora finita, dovevo aspettare la sera prima delle riprese perché mi arrivasse l’e-mail con indicato il luogo delle riprese (che mi avevano anticipato essere nella zona centrale di Berlino) e l’orario.

Eccola finalmente, alle sette di sera, e io subito su internet a raccogliere informazioni sul luogo delle riprese e come arrivarci: il Kraftwerk Berlin, un vecchio stabilimento per l’energia, da decenni non più in funzione, nei tempi odierni utilizzato per eventi. Se visitate il sito dalle foto capirete perché è perfetto per gli interni del Distretto 13.

La mattina seguente, rigorosamente mezz’ora in anticipo sull’orario indicato (io nella vita sono mediamente sempre in ritardo, capirete il mio stato d’animo) eccomi qui per coronare il mio piccolo (e grande) sogno: di nuovo la mia tuta grigia D13 addosso, ad ognuno viene consegnato un oggetto sempre grigio con stampati dei codici, chi una valigetta, chi uno zaino, casse da trasportare.

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Ci riuniscono in quella che potrei definire “zona relax” per le pause nei cambi di scena, comincio a scambiare quattro chiacchiere con un gruppetto di ragazzi: due tedeschi, un francese e un canadese. Tutti simpatici. Stavano parlando di un tatuaggio che è stato fatto ad alcuni sull’avambraccio e il canadese mi mostra il suo: gli hanno detto che nella scena dovranno passarlo sotto uno scanner.

“Ogni mattina, bisogna inserire il proprio braccio destro in un aggeggio inserito nel muro. Ti viene fatto un tatuaggio nella parte liscia dell’avambraccio con il tuo orario per tutto il giorno scritto con un inchiostro viola malaticcio. 7:00 – Colazione. 7:30 – Faccende in Cucina. 8:30 – Centro di Educazione, Stanza 17″.

Arrivano i boss dell’agenzia tedesca e ci ripetono per l’ennesima volta le regole basilari: divieto assoluto di fare foto e l’utilizzo di cellulari sul set, precisando anche che non sarà possibile farsi una foto con addosso il costume di scena, pena l’allontanamento immediato dal set. Di lì a poco, cominciano a dividerci in gruppi per portarci nei livelli sotterranei dove sono stati approntati i set.

Il primo è una serie di corridoi sotterranei, siamo divisi in due file che procedono nei due sensi di marcia in maniera molto meccanica, vediamo i vari scanner (tra l’altro fatti benissimo, con monitor funzionante e braccio dello scanner che si illumina e muove non appena qualcuno appoggia il braccio sulla sede – provato anch’io durante una delle pause).

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Approfittando dei costumi “monocromatici” e di tre stop sulle prove di movimento e la precisione quasi maniacale dei tedeschi nel tornare al loro punto di partenza cerco di avanzare verso alla zona che ritengo essere ripresa (almeno in parte) dalla cinepresa.

Ed eccola apparire. Lei. La mia (ok, la nostra) Jennifer. Improvvisamente, appare un sorriso sul volto di tutti e lei con un timido “Hello” saluta tutti e si posiziona in mezzo alle due file con al suo fianco l’attore Mahershala Ali, che in molti (calcolate che molte delle comparse il libro non l’hanno proprio letto) pensano essere la guardia del corpo della Lawrence, ma noi tutti sappiamo essere il mitico comandante Boggs.

Entro nell’ascensore prima che si chiuda. “Scusa,” dico a Boggs.
“Non scusarti. Credo… te la sia cavata bene,” dice. “Meglio di me che avrei dovuto arrestarlo, in ogni caso.”
“Si,” dico. Lo guardo furtivamente di traverso.
Probabilmente sarà sulla quarantina, con corti capelli grigi e occhi blu. Una postura incredibile. Ha parlato solo due volte oggi e questo mi fa credere che preferisca essere amici che nemici. Forse dovrei dargli un’occasione. Ma sembra così in confidenza con Coin…
C’è una serie di scatti sonori. L’ascensore si ferma lentamente e dopo inizia a muoversi in laterale verso sinistra. “Va anche di lato?” chiedo.
“Si. C’è un’intera rete di percorsi per ascensori sotto il Tredici,” risponde. “Questo si trova esattamente sotto il ponte che porta alla quinta piattaforma aerea. Ci sta portando all’Hangar.” L’Hangar. Le prigioni. Difesa Speciale. Campi dove viene coltivato il cibo. Dove viene generata elettricità. Dove vengono purificate l’aria e l’acqua. “Il Tredici è ancora più grande di quanto pensassi.”

Altre due prove con loro e riesco a posizionarmi in maniera che nella scena loro mi passano di fianco. Ok, più di questo non potevo chiedere.. chissà magari mi si potrà intravedere nella scena se non tagliano troppo, speriamo.

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Varie riprese della stessa scena con cambio di posizione delle cinepresa e utilizzo della steadycam ad anticipare e a seguire Katniss e Boggs nel loro girovagare nel distretto. Nelle pause è un piacere sentire la voce da “maschiaccio” di Jennifer. E non posso non sorridere a pensarla vestita di bianco sul red carpet del Parco della Musica a Roma a “chiamare la ola” davanti alla terrazza stracolma di fan.

Al terzo e quarto “Cut” lo staff si tranquillizza visto l’irreprensibilità di tutte le comparse e comincia a lasciarla tornare in posizione camminando con noi. Scrive qualcosa sul suo iPhone, chissà a chi scrive: chiunque sia dall’altra parte della linea, la fa sorridere. Bene.

Fine della scena, ci rimandano su a fare un break e mangiare qualcosa. Lei e Francis (finalmente ecco il regista) con il cameraman salgono su un montacarichi assieme a Jeffrey Wright, non in costume di scena (ho capito che non avrebbe girato con noi, effettivamente nel romanzo Beetee è un po’ un recluso nel suo laboratorio nel Distretto 13). Aspettano qualcuno, eccola arrivare. La grandissima Nina Jacobson, c’è anche lei. Si vede proprio che quelli sono gli ultimi giorni di ripresa in assoluto della saga. Tutti in attesa del fatidico ‘wrap’.

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Breve pausa, ci rifocilliamo con il classico sandwich alla tedesca, io ribecco i ragazzi di prima e una ragazza che avevo conosciuto giù nel set. Americana, avrà qualche in meno di me, minuta. Chiacchieriamo, lei è americana di origine, mai stata su un set prima. Scopro che è una cantante lirica, una soprano (mai avrei pensato visto il fisico esile) A casa scopro che ha un sito internet, ha già pubblicato dei CD e ha tenuto (e terrà) diversi concerti nella capitale tedesca, e ha collaborato pure con al Filarmonica di Berlino. Si fanno incontri davvero strani sul set 🙂

Torniamo giù, questa volta al secondo livello del sotterraneo, qui c’è un grosso display e tutta una zona con il blue screen, effetti speciali, forse per la zona degli hangar, chissà. Altra scena di flussi di persone, questa volta solo comparse, senza gli attori. Vediamo grosse ventole che spargono nell’aria quello che penso sia ghiaccio secco o qualcosa del genere, per rendere un flebilissimo effetto nebuloso nell’aria (appena percettibile).

Ci danno l’ok. Torniamo su e questa volta ci dicono che abbiamo finito le riprese. Parte l’applauso. Ce l’ho fatta. Mi dispiace un po’ non aver potuto fare qualche foto, ma alla fine e giusto e corretto così. In fondo stiamo lavorando. E se io firmo per la segretezza sul set è questione di correttezza per me rispettare. Mi concedo solo una foto veloce nei bagni un “selfie” mezzobusto per ricordarmi quella giornata, quella tuta grigia che un po’ tutti i miei beniamini indosseranno.. Jen, Liam, Josh, Woody, Jeffrey, Jena, la Moore, e anche il grandissimo Philip Seymour Hoffman (che possa riposare in pace).

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Restituisco la valigetta e torno ai miei abiti civili. Ultime pratiche da firmare e poi è possibile uscire, mentre le truccatrici fermano tutti chiedendo se hanno il tatuaggio sull’avambraccio (anche quello da cancellare).

Esco fuori, sono le sette ma c’è ancora il sole, comincia a piovigginare ma io contento come un bambino me ne frego e comincio a telefonare alle persone che mi vogliono bene e so che saranno felici per questo mio stato d’animo, anche quelle che i libri e i film non li hanno mai letti o visti.

Lì a Berlino finisce la mia avventura come comparsa, e il giorno dopo finisce anche l’avventura dei nostri protagonisti “That’s a Wrap” tweeta il regista, e Nina pubblica quella foto meravigliosa, l’abbraccio di Jennifer con Josh, Liam e Woody (anche lui romanticone sotto quella scorza), arrivati apposta per il momento più importante… Chissà se si sono detti qualcosa in quel momento, o hanno lasciato che il silenzio parlasse per loro.

Forse l’unica frase giusta per quello che è un saluto ce l’ha insegnata proprio la Collins:

“May the odds be ever in your favor”
Lo auguro di cuore a tutti.

Peter Francesco Firrao
Cittadino del Distretto 13

Grazie a Peter per aver condiviso la sua magnifica esperienza e grazie a MockingJay – Il Canto della Rivolta per averla portata alla nostra attenzione!

  1. Sam

    Non ho parole.. Ho la pelle d’oca!
    Ho letteralmente ‘vissuto’ ogni sensazione che ha descritto e provato Peter. Mi sono immaginata anche le scene..

    (si, sono pazza)

  2. angie

    Non ci credo…talmente accurati da mettere addirittura la storia del tatuaggio-agenda! Tutto questo fa sperare mooolto bene!;-) 😉 😉

      • Sam

        Io vorrei andarci al Raduno di Roma; i miei devono pensarci ancora un pò, ma sono sicura (70%) che mi accontenteranno almeno stavolta.
        Volevo accennarlo anche io qui ma ho pensato che sarebbe stato meglio lasciarlo dire agli Strateghi del Distretto12.. Però ho pensato male a quanto pare 😉

        Comunque.. Ritornando al discorso del Raduno, se qualcuno venisse con me sarebbe strepitoso (perchè le miei bellissime amiche, si fa per dire, non amano Hunger Games quanto me che ha interamente la camera tappezzata di poster e i libri custoditi come fossero i gioielli della corona della Regina Elisabetta).. Se qualcuno fosse della provincia di Teramo (la vedo ardua come cosa, ma tentar non nuoce) mi faccia sapere su Facebook (non so se mi cancelleranno il messaggio, ma vabbè, provo: mi chiamo Samantha Nepa).

        *Scusatemi il papirozzo*

  3. GiuliaC.

    Che esperienza meravigliosa!! A dire la verità sono molto invidiosa di questo ragazzo che è stato alle première di Londra e Roma e addirittura ha fatto la comparsa in Mockingjay e New Moon… Che fortuna xD
    Comunque da quello che ha raccontato sembra davvero che verrà fuori un gran bel film… Mi sono immaginata tutti i luoghi e le scene, scommetto che sarà molto fedele al libro : )
    Io purtroppo non ci sarò al Raduno di Roma perché in quel periodo sarò in tirocinio ma se mai dovessero organizzarne un altro vedrò di esserci… Ci terrei tanto!!

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